Negli ultimi mesi il mercato delle stablecoin ha attirato un’attenzione crescente, non tanto per la volatilità – che per definizione non dovrebbero avere – ma per i numeri impressionanti che ruotano intorno ai loro emittenti.
Dietro a token che “valgono sempre un dollaro”, si muovono ormai aziende valutate come i giganti della finanza e della tecnologia.
Tether e Circle: due colossi al centro del nuovo ecosistema finanziario
Tether Holdings, la società che emette USDT, ha confermato di essere in trattative per una valutazione di circa 500 miliardi di dollari: una cifra paragonabile a quella di colossi come Visa, Mastercard o OpenAI.
Allo stesso tempo, Circle Internet Financial, l’emittente di USDC, oggi quotata in Borsa, ha visto il proprio titolo salire di oltre il 350% rispetto al prezzo dell’IPO, raggiungendo una capitalizzazione di mercato di circa 35 miliardi di dollari.
Insieme, le due società controllano l’85% di un mercato globale delle stablecoin da oltre 300 miliardi di dollari, secondo i dati di rwa.xyz.
Come commentato da investodepia.com, una posizione dominante che le rende di fatto la nuova infrastruttura del denaro digitale mondiale.
Ma cosa fanno realmente queste aziende? E perché valgono così tanto, se ogni token che emettono vale – e dovrebbe sempre valere – un dollaro?
Il business della stabilità: come guadagnano le società di stablecoin
A differenza delle criptovalute tradizionali, le stablecoin non sono pensate per generare profitti diretti.
Il loro valore rimane ancorato a una valuta reale, come il dollaro o l’euro. Tuttavia, i profitti derivano dagli interessi maturati sulle riserve che garantiscono questi token.
In pratica, quando un utente acquista una stablecoin, la società trattiene un deposito in dollari o titoli di Stato di pari valore.
Quei fondi vengono investiti in strumenti finanziari sicuri – come i Treasury americani – e producono rendimenti che finiscono nelle casse degli emittenti.
Circle, ad esempio, nel secondo trimestre 2025 ha registrato 658 milioni di dollari di ricavi, di cui il 96% proveniente dagli interessi sulle riserve gestite da BlackRock.
Tether, pur non essendo una società quotata, ha dichiarato un utile trimestrale di 4,9 miliardi di dollari nel suo ultimo report di attestazione non auditato.
Insomma, dietro la “moneta stabile” si nasconde una macchina finanziaria ad altissima redditività, paragonabile a una banca centrale privata.
Società stablecoin e banche: la nuova competizione per il denaro dei risparmiatori
L’approvazione del GENIUS Act da parte del Congresso degli Stati Uniti ha legittimato il settore delle stablecoin, ma ha anche acceso lo scontro con il mondo bancario.
Le banche temono che i rendimenti generati da questi token possano spostare i risparmi dai conti tradizionali verso i wallet digitali, dove il tasso d’interesse è simile – o addirittura superiore – a quello dei migliori conti deposito.
Il paradosso? La legge impedisce alle società emittenti di pagare direttamente interessi ai possessori delle stablecoin, ma non vieta agli exchange come Coinbase di offrire ricompense agli utenti che detengono USDC, arrivando a tassi del 4% annuo.
Non a caso, anche i colossi del commercio come Amazon e Walmart stanno valutando l’idea di emettere proprie stablecoin per gestire i pagamenti in modo diretto, senza passare dai circuiti bancari o dalle carte di credito.
Come ha affermato Jamie Dimon, CEO di JPMorgan Chase: “Saremo coinvolti. Le banche non resteranno a guardare”.
Un ponte tra finanza tradizionale e Web3
Le stablecoin rappresentano oggi il principale punto di contatto tra la finanza tradizionale e il mondo blockchain.
Sono utilizzate come moneta base per acquistare Bitcoin, Ethereum o altri asset digitali, ma anche per pagamenti, stipendi e riserve aziendali.
In teoria, possono fare tutto ciò che oggi fanno carte di credito e bonifici, ma in modo più rapido, economico e globale. È per questo che gli analisti parlano di un mercato potenziale da migliaia di miliardi di dollari.
La vera sfida, però, non sarà solo tecnologica, ma anche politica: la regolamentazione e la competizione con le valute digitali delle banche centrali (CBDC) determineranno chi controllerà il denaro digitale del futuro. Non per niente, proprio in materia di regolamentazione si fanno strada le prime alleanze tra Stati, come il progetto di crypto passporting tra USA e Regno Unito.
Uno scenario da osservare da vicino
NOn è ancora chiara l’evoluzione del settore, ma che si tratti di Tether, Circle o dei nuovi player in arrivo, il futuro delle stablecoin segna una svolta epocale.
Le monete digitali stabili stanno diventando un’infrastruttura globale per la liquidità, tanto per gli investitori quanto per gli Stati.
Ma la domanda resta: queste società, che oggi valgono quanto le più grandi banche del mondo, sono davvero solo “emittenti di token” o il nucleo del nuovo sistema monetario globale?